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Lunedì, 13 Gennaio 2014  Stampa |
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Complicare è Facile, Semplificare è Difficile

 

Un testo breve di Bruno Munari, tratto da Verbale Scritto, una raccolta di testi veramente fantastica, ci insegna molte cose, come quella che per  complicare le cose basta poco, ma che per renderle semplici ci vuole parecchio, come disse uno scultore famoso un tempo, la statua si trova già dentro quella pietra, io mi limito solo a togliere quello che non serve. Benvenuti su BeliceWeb.it e Buona Lettura!

 

Fonte : BeliceWeb.it

 

Complicare o Semplificare?

Se nella nostra vita agissimo cercando di semplificare, non ci ritroveremmo mai ad avere vite così complicate. Sembra che sia una cosa della natura umana, quella di complicarsi la vita, poi trovare le soluzione per risolvere le complicazioni e dopo aver trovato tali soluzioni, si risolvono alcune cose, ma se ne complicano altre. Probabilmente è il processo dell'evoluzione.

 

Complicare è facile, semplificare è difficile (Tratto da Verbale Scritto)

 

Complicare è facile, semplificare è difficile.

Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose.

 

Tutti sono capaci di complicare.

Pochi sono capaci di semplificare.

Per semplificare bisogna togliere,

e per togliere bisogna sapere che cosa togliere,

come fa lo scultore quando a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c’é in più.

Teoricamente ogni masso di pietra può avere al suo interno una scultura bellissima, come si fa a sapere dove ci si deve fermare nel togliere, senza rovinare la scultura?

Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità.

Questo processo porta fuori dal tempo e dalle mode….
La semplificazione è il segno dell’intelligenza, un antico detto cinese dice:

quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte.

 

 

 

 

 

Bruno Munari - Wikipedia
<< Quando qualcuno dice: questo lo so fare anch'io, vuol dire che lo sa rifare altrimenti lo avrebbe già fatto prima. >>. (Bruno Munari, Verbale scritto, 1992). Bruno Munari (Milano, 24 ottobre 1907 – Milano, 30 settembre 1998) è stato un artista e designer italiano.

 

Nato a Milano, Bruno Munari passò l'infanzia e l'adolescenza a Badia Polesine.

 

Nel 1925 tornò a Milano per lavorare con lo zio ingegnere. Nel 1927 cominciò a frequentare Marinetti e il movimento futurista, esponendo con loro in varie mostre. Tre anni dopo si associò con Riccardo Ricas Castagnedi, con cui lavorò come grafico fino al 1938.


Nel 1930 realizzò quello che può essere considerato uno dei primi mobile della storia dell'arte, noto con il nome di macchina aerea e che Munari ripropose nel 1972 in un multiplo a tiratura 10 esemplari per le edizioni Danese di Milano.


Nel 1933 proseguì la ricerca di opere d'arte in movimento con le macchine inutili, oggetti appesi, dove tutti gli elementi sono in rapporto armonico tra loro, per misure, forme, pesi.


Durante un viaggio a Parigi, nel 1933, incontrò Louis Aragon e André Breton.


Dal 1939 al 1945 lavorò come grafico presso l'editore Mondadori, e come art director della rivista Tempo, cominciando contemporaneamente a scrivere libri per l'infanzia, inizialmente pensati per il figlio Alberto. Nel 1948, insieme a Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Galliano Mazzon e Atanasio Soldati, fondò il Movimento Arte Concreta.


Negli anni cinquanta le sue ricerche visive lo portano a creare i negativi-positivi, quadri astratti con i quali l'autore lascia libero lo spettatore di scegliere la forma in primo piano da quella di sfondo. Nel 1951 presenta le macchine aritmiche in cui il movimento ripetitivo della macchina viene spezzato dalla casualità mediante interventi umoristici. Sempre degli anni cinquanta sono i libri illeggibili in cui il racconto è puramente visivo.

 

Nel 1954 utilizzando le lenti Polaroid costruisce oggetti d'arte cinetica noti come Polariscopi grazie ai quali è possibile utilizzare il fenomeno della scomposizione della luce a fini estetici. Nel 1953 presenta la ricerca il mare come artigiano recuperando oggetti lavorati dal mare, mentre nel 1955 crea il museo immaginario delle isole Eolie dove nascono le ricostruzioni teoriche di oggetti immaginari, composizioni astratte al limite tra antropologia, humour e fantasia.
 

Nel 1958 modellando i rebbi delle forchette crea un linguaggio di segni per mezzo di forchette parlanti. Nel 1958 presenta le sculture da viaggio che sono una rivisitazione rivoluzionaria del concetto di scultura, non più monumentale ma da viaggio, a disposizione dei nuovi nomadi del mondo globalizzato di oggi. Nel 1959 crea i fossili del 2000 che con vena umoristica fanno riflettere sull'obsolescenza della tecnologia moderna.
Negli anni sessanta diventano sempre più frequenti i viaggi in Giappone, verso la cui cultura Munari sente un'affinità crescente, trovandovi precisi riscontri al suo interesse per lo spirito zen, l'asimmetria, il design ed l'imballaggio della tradizione giapponese.

 

Nel 1965 a Tokyo progetta una fontana a 5 gocce che cadono in modo casuale in punti prefissati, generando una intersezione di onde, i cui suoni, raccolti da microfoni posti sott'acqua, vengono riproposti amplificati nella piazza che ospita l'installazione.


Negli anni sessanta si dedica: alle opere seriali con realizzazioni come aconà biconbì, sfere doppie, nove sfere in colonna, tetracono (1961-1965) o flexy (1968); alle sperimentazioni cinematografiche con i film i colori della luce (musiche di Luciano Berio), inox, moire (musiche di Pietro Grossi), tempo nel tempo, scacco matto, sulle scale mobili (1963-64); alle sperimentazioni visive con la macchina fotocopiatrice (1964); alle performance con l'azione far vedere l'aria (Como, 1968).


Infatti, insieme a Marcello Piccardo e ai suoi cinque figli a Cardina, sulla collina di Monteolimpino a Como, tra il 1962 e il 1972 ha realizzato pellicole cinematografiche d'avanguardia. Da questa esperienza la nascita della "Cineteca di Monteolimpino - Centro internazionale del film di ricerca".
A Cardina, conosciuta anche come "La collina del cinema", Bruno Munari ha vissuto e lavorato a lungo tutte le estati, fino agli ultimi anni della sua vita. La sua abitazione-laboratorio, tuttora esistente e oggi sede dell'Associazione Cardina, era situata proprio in fondo alla strada carrozzabile, in via Conconi di fronte al ristorante Crotto del Lupo.


Nel libro "La collina del cinema" di Marcello Piccardo (NodoLibri, Como 1992) è riassunta l'esperienza di quegli anni. Nel racconto "Alta tensione" (1991) di Bruno Munari, l'artista espone il suo stretto rapporto con i boschi della collina di Cardina.


Nel 1974 esplora le possibilità frattali della curva che prende il nome del matematico italiano Giuseppe Peano, curva che Munari riempie di colori a scopi puramente estetici.


Nel 1977, a coronamento dell'interesse costante verso il mondo dell'infanzia, crea il primo laboratorio per bambini in un museo, presso la Pinacoteca di Brera a Milano.


Negli anni ottanta e novanta la sua creatività non si esaurisce e realizza diversi cicli di opere: le sculture filipesi (1981), le costruzioni grafiche dei nomi di amici e collezionisti (dal 1982), i rotori (1989), le strutture alta tensione (1990), le grandi sculture in acciaio corten esposte sul lungomare di Napoli, Cesenatico, Riva del Garda, Cantù, gli xeroritratti (1991), gli ideogrammi materici alberi (1993).


Dopo vari e importanti riconoscimenti in onore della sua attività vastissima, Munari realizzò la sua ultima opera pochi mesi prima di morire a 91 anni nella sua città natale.


Il pittore e poeta Tonino Milite fu suo collaboratore e lavorò nel suo studio durante anni.


http://it.wikipedia.org/wiki/Bruno_Munari

 

 

 

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